Il luogo della memoria

Puoi leggere l'introduzione degli itinerari di preghiera

https://www.spianessa.it/un-percorso-per-lo-spirito


IL LUOGO DELLA MEMORIA (al cippo tra castagni centenari)

Ci sono angoli nascosti che riportano al ricordo. Ricordo di chi è passato, ricordo di chi ha lasciato un’eredità di bene, ricordo di chi con la sua fatica, le sue scelte e la sua testimonianza ha aperto i sentieri su cui noi oggi possiamo camminare. Sono ricordi da custodire e da coltivare perché solo affondando le radici dentro la terra un albero può ancora germogliare e dare frutti. Così la storia della nostra associazione che in questi luoghi ha vissuto un cammino lungo cent’anni. Sono cent’anni di nomi, di volti, di menti, di sogni e di speranze, di impegni e di progetti, di incontri ed esperienze che insieme costituiscono la nostra storia fatta di legami, di affidamento, di tradizione.

Il luogo della memoria ci riporta al ricordo di momenti difficili, alla forza e alla speranza che hanno guidato quanti hanno resistito nel tempo della difficoltà, ci riportano ai sogni di chi ha pensato al futuro e a chi veniva dopo. E ci rendono così capaci di camminare ancora... 

Il coraggio nei piedi di Mattia Civico

lo chiederemo agli alberi di Simone Cristicchi

In ascolto della Parola

Dt 8,2-4 : 2Ricòrdati di tutto il cammino che il Signore, tuo Dio, ti ha fatto percorrere in questi quarant'anni nel deserto, per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore, se tu avresti osservato o no i suoi comandi. 3Egli dunque ti ha umiliato, ti ha fatto provare la fame, poi ti ha nutrito di manna, che tu non conoscevi e che i tuoi padri non avevano mai conosciuto, per farti capire che l'uomo non vive soltanto di pane, ma che l'uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore. 4Il tuo mantello non ti si è logorato addosso e il tuo piede non si è gonfiato durante questi quarant'anni.

(…) 11Guàrdati bene dal dimenticare il Signore, tuo Dio, così da non osservare i suoi comandi, le sue norme e le sue leggi che oggi io ti prescrivo. 12Quando avrai mangiato e ti sarai saziato, quando avrai costruito belle case e vi avrai abitato, 13quando avrai visto il tuo bestiame grosso e minuto moltiplicarsi, accrescersi il tuo argento e il tuo oro e abbondare ogni tua cosa, 14il tuo cuore non si inorgoglisca in modo da dimenticare il Signore, tuo Dio, che ti ha fatto uscire dalla terra d'Egitto, dalla condizione servile.

 

1Cron 16,11-16

11Cercate il Signore e la sua potenza,
ricercate sempre il suo volto.
12Ricordate le meraviglie che ha compiuto,
i suoi prodigi e i giudizi della sua bocca,
13voi, stirpe d'Israele, suo servo,
figli di Giacobbe, suoi eletti.
14È lui il Signore, nostro Dio:
su tutta la terra i suoi giudizi.
15Ricordate sempre la sua alleanza,
parola data per mille generazioni,
16l'alleanza stabilita con Abramo
e il suo giuramento a Isacco.

 

At 20,34: In tutte le maniere vi ho mostrato che i deboli si devono soccorrere lavorando così, ricordando le parole del Signore Gesù, che disse: «Si è più beati nel dare che nel ricevere!»


Per la riflessione

Ricordare i morti, pensare ai morti, è semplicemente riconoscerci debitori verso chi ci ha preceduto ed essere consapevoli che trasmettiamo ciò che da loro abbiamo ricevuto. Viviamo un’ora in cui sovente ci viene ricordato che siamo debitori verso le generazioni future, che determiniamo la vita di chi verrà dopo di noi, a livello culturale, politico, economico, ecologico; ma è possibile lasciare una buona eredità se non si è capaci di riconoscere l’eredità ricevuta? 

Ricordare i morti è assumere una responsabilità, è acquisire una dimensione necessaria al nostro passaggio su questa terra come mortali, inseriti in genealogie non solo familiari ma culturali. (…)

Ricordare i morti, però, conduce anche a pensare la morte e a interrogarci sul senso della vita. La certezza di dover morire unisce uomini e donne, è la base dell’etica dell’empatia, della compassione, è ciò che ci spinge a sentirci tutti e tutte insieme fragili, con un comune destino, e nello stesso tempo ci porta a essere consapevoli del valore della nostra vita: unica, una sola, una vita di istanti eterni.  Nella nostra tradizione ebraica e cristiana in questi giorni si va a “visitare” i morti nei cimiteri: luoghi dove si piange, si vivono nostalgie, si misurano e si contano i propri giorni. Credenti e non credenti compiamo questo gesto che sentiamo doveroso verso chi abbiamo amato, verso coloro ai quali, proprio perché li amavamo, dicevamo con convinzione: “Tu non morirai!”, come suggerisce Gabriel Marcel. Ma i cimiteri sono anche luoghi di pace, in cui quelli che erano nostri nemici sono morti, e quindi ora non sono più nemici, mentre quelli che erano amici, anche se morti, continuano a essere tali, fedelmente. (…)

Questi pensieri non sono lugubri, né devono incutere tristezza, ma vogliono indicare la bontà del pensiero del limite, che noi cerchiamo sempre, soprattutto oggi, di rimuovere, tentati da un individualismo che nega i legami e spegne la responsabilità. La pienezza di vita nell’accettazione della finitudine accende la nostra speranza e ci impedisce di pensare a una eternità nel nulla.

(Enzo Bianchi, Ricordare i morti per onorare la vita, “La Repubblica” 1 nov 2021)

 

La nostra età fruisce del beneficio delle precedenti e spesso conosce molte cose non per esservi giunta con il proprio ingegno, ma perché illuminata da forze altrui e dalle grandi opere dei padri che ci hanno preceduto.

Bernardo di Chartres filosofo francese del XII secolo diceva:

“Siamo come nani che siedono sulle spalle di giganti, così che possiamo vedere più cose di loro e anche più lontane, non certo perché più alti di corporatura o per l’acutezza della nostra vista, ma perché siamo sollevati e innalzati dalla statura dei giganti.

(citato in Riemen, prologo a Steiner 2006, p. 23; cfr. G.di Salisbury, Metalogicon, III, 4)