Deserto e preghiera

Puoi leggere l'introduzione degli itinerari di preghiera

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DESERTO E PREGHIERA 

Deserto è un ambiente dove non c’è acqua, dove la vita è difficile. Spesso quando pensiamo al deserto associamo l’immagine della sabbia, delle dune, di un panorama piatto e senza rilievi. Ma i deserti geografici sono di diversi tipi: c’è il deserto di sabbia ma anche quello di sassi, c’è il deserto di rocce e montagne e c’è il deserto di sale. C’è il deserto di arbusti…

Deserto è luogo dove è difficile vivere ed esige di conoscere le piste per attraversarlo, i segreti per sopravvivere alla mancanza di elementi essenziali.

Deserto è così immagine che può essere presa ad indicare una situazione in cui rimanere senza tante comodità e orpelli per potervi camminare. Il deserto è luogo di povertà e essenzialità. Il deserto è anche luogo di silenzio dove vengono meno i tanti rumori che spesso coprono tutti gli spazi della nostra vita. Nel deserto, nel silenzio si può fare esperienza di ascolto delle voci della natura, di se stessi, degli altri, della voce stessa di Dio. 

Il disegno di A. Marani

Dolce sentire di J. M. Benjamin 

In ascolto della Parola

Es 16,1-16: 1 Levarono le tende da Elìm e tutta la comunità degli Israeliti arrivò al deserto di Sin, che si trova tra Elìm e il Sinai, il quindici del secondo mese dopo la loro uscita dalla terra d'Egitto.
2Nel deserto tutta la comunità degli Israeliti mormorò contro Mosè e contro Aronne. 3Gli Israeliti dissero loro: «Fossimo morti per mano del Signore nella terra d'Egitto, quando eravamo seduti presso la pentola della carne, mangiando pane a sazietà! Invece ci avete fatto uscire in questo deserto per far morire di fame tutta questa moltitudine».

4Allora il Signore disse a Mosè: «Ecco, io sto per far piovere pane dal cielo per voi: il popolo uscirà a raccoglierne ogni giorno la razione di un giorno, perché io lo metta alla prova, per vedere se cammina o no secondo la mia legge. 5Ma il sesto giorno, quando prepareranno quello che dovranno portare a casa, sarà il doppio di ciò che avranno raccolto ogni altro giorno».
6Mosè e Aronne dissero a tutti gli Israeliti: «Questa sera saprete che il Signore vi ha fatto uscire dalla terra d'Egitto 7e domani mattina vedrete la gloria del Signore, poiché egli ha inteso le vostre mormorazioni contro di lui. Noi infatti che cosa siamo, perché mormoriate contro di noi?». 8Mosè disse: «Quando il Signore vi darà alla sera la carne da mangiare e alla mattina il pane a sazietà, sarà perché il Signore ha inteso le mormorazioni con le quali mormorate contro di lui. Noi infatti che cosa siamo? Non contro di noi vanno le vostre mormorazioni, ma contro il Signore».

9Mosè disse ad Aronne: «Da' questo comando a tutta la comunità degli Israeliti: «Avvicinatevi alla presenza del Signore, perché egli ha inteso le vostre mormorazioni!»». 10Ora, mentre Aronne parlava a tutta la comunità degli Israeliti, essi si voltarono verso il deserto: ed ecco, la gloria del Signore si manifestò attraverso la nube. 11Il Signore disse a Mosè: 12«Ho inteso la mormorazione degli Israeliti. Parla loro così: «Al tramonto mangerete carne e alla mattina vi sazierete di pane; saprete che io sono il Signore, vostro Dio»».

13La sera le quaglie salirono e coprirono l'accampamento; al mattino c'era uno strato di rugiada intorno all'accampamento. 14Quando lo strato di rugiada svanì, ecco, sulla superficie del deserto c'era una cosa fine e granulosa, minuta come è la brina sulla terra. 15Gli Israeliti la videro e si dissero l'un l'altro: «Che cos'è?», perché non sapevano che cosa fosse. Mosè disse loro: «È il pane che il Signore vi ha dato in cibo. 16Ecco che cosa comanda il Signore: «Raccoglietene quanto ciascuno può mangiarne, un omer a testa, secondo il numero delle persone che sono con voi. Ne prenderete ciascuno per quelli della propria tenda».


Deut 8,1-17: 1 Abbiate cura di mettere in pratica tutti i comandi che oggi vi do, perché viviate, diveniate numerosi ed entriate in possesso della terra che il Signore ha giurato di dare ai vostri padri. 2Ricòrdati di tutto il cammino che il Signore, tuo Dio, ti ha fatto percorrere in questi quarant'anni nel deserto, per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore, se tu avresti osservato o no i suoi comandi. 3Egli dunque ti ha umiliato, ti ha fatto provare la fame, poi ti ha nutrito di manna, che tu non conoscevi e che i tuoi padri non avevano mai conosciuto, per farti capire che l'uomo non vive soltanto di pane, ma che l'uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore. 4Il tuo mantello non ti si è logorato addosso e il tuo piede non si è gonfiato durante questi quarant'anni. 5Riconosci dunque in cuor tuo che, come un uomo corregge il figlio, così il Signore, tuo Dio, corregge te. (…)

11Guàrdati bene dal dimenticare il Signore, tuo Dio, così da non osservare i suoi comandi, le sue norme e le sue leggi che oggi io ti prescrivo. 12Quando avrai mangiato e ti sarai saziato, quando avrai costruito belle case e vi avrai abitato, 13quando avrai visto il tuo bestiame grosso e minuto moltiplicarsi, accrescersi il tuo argento e il tuo oro e abbondare ogni tua cosa, 14il tuo cuore non si inorgoglisca in modo da dimenticare il Signore, tuo Dio, che ti ha fatto uscire dalla terra d'Egitto, dalla condizione servile; 15che ti ha condotto per questo deserto grande e spaventoso, luogo di serpenti velenosi e di scorpioni, terra assetata, senz'acqua; che ha fatto sgorgare per te l'acqua dalla roccia durissima; 16che nel deserto ti ha nutrito di manna sconosciuta ai tuoi padri, per umiliarti e per provarti, per farti felice nel tuo avvenire.
17Guàrdati dunque dal dire nel tuo cuore: «La mia forza e la potenza della mia mano mi hanno acquistato queste ricchezze». 18Ricòrdati invece del Signore, tuo Dio, perché egli ti dà la forza per acquistare ricchezze, al fine di mantenere, come fa oggi, l'alleanza che ha giurato ai tuoi padri.


Per la riflessione

Ed eccomi qui a rispondere a chi mi ha chiesto di aiutarlo a cercare in città l'unione con Dio,

l'intimità con l'Assoluto, la pace e la gioia del cuore, l'Invisibile presente, la realtà divina, l'Eterno. Intendiamoci subito: non è cosa facile!

Noi viviamo in un secolo tragico in cui gli uomini, anche i più forti, sono tentati nella fede.

È un'epoca di idolatria, di angosce, di paura; un'epoca in cui la potenza e la ricchezza hanno oscuratonello spirito dell'uomo la richiesta fondamentale del primo comandamento della Legge: "Amerai Dio con tutto il tuo cuore...".

Come fare a vincere queste tenebre che opprimono l'uomo moderno? Come affrontare questo demone del mezzogiorno che attacca il credente nella maturità della sua esistenza?

Non dubito nel dare una risposta che ho provato sulla mia pelle in un momento difficile della mia vita: Deserto... deserto... deserto!

Quando pronuncio questa parola sento dentro di me che tutto il mio essere si scuote e si mette in cammino, anche restando materialmente immobile là dove si trova.

È la presa di coscienza che è Dio che salva, che senza di Lui sono "nell'ombra di morte" e che per uscire dalle tenebre devo mettermi sul cammino che Lui stesso mi indicherà.

È il cammino dell'Esodo, è la marcia del popolo di Dio dalla schiavitù degli idoli alla libertà della Terra promessa, alla luminosità e alla gioia del Regno. E questo attraverso il deserto. […]

Scegli una settimana qualunque, non fantasticare sulle possibilità ma accetta la realtà com'è.

Tieniti vicina la Bibbia come strumento indispensabile e punta sull'amore che è in te.

Come luogo non preoccuparti, perché tutto è "luogo" di Dio e "ambiente" della Sua presenza.

Per incoraggiarti, ti dirò che quando mi sono convertito avevo fatto del treno il "luogo" della mia preghiera. Facevo il "pendolare" per motivi di lavoro e tu sai cos'è un vagone ferroviario che parte e arriva in città al mattino e alla sera, stracarico di operai e studenti. Chiasso, risate, fumo, trambusto, pigiapigia. Io mi sedevo in un angolo e non sentivo nulla. Leggevo il Vangelo. Chiudevo gli occhi. Parlavo e ascoltavo Dio. Che dolcezza, che pace, che silenzio!

La potenza dell'amore superava la dispersione che cercava di penetrare nella mia fortezza.

Ero veramente uno con me stesso e nulla mi poteva distrarre.

Sotto la presa dell'amore ero in pace. Sì, doveva essere proprio l'amore a creare l'unità in me.

Difatti gli innamorati che si trovavano sul treno bisbigliavano tra di loro in perfetta armonia senza preoccuparsi di ciò che capitava attorno. Io bisbigliavo col mio Dio che avevo ritrovato.

Fare il deserto nei luoghi abitati. Fare di un vagone ferroviario un luogo di meditazione e delle strade della mia città i corridoi del mio ideale convento.

Ti dirò subito un’altra cosa che è molto importante per chi, come te, è molto occupato e dice che non ha tempo per pregare. Considera la realtà in cui vivi, l'impegno, il lavoro, le relazioni, le adunanze, le camminate, le spese da fare, il giornale da leggere, i figli da ascoltare, come un tutt'uno da cui non puoi staccarti, a cui devi pensare. Dirò di più: un tutt'uno attraverso il quale Dio ti parla e ti conduce. Non è fuggendo che tu troverai Dio più facilmente ma è cambiando il tuo cuore che tu vedrai le cose diversamente.

Il deserto nella città è solo possibile a questo patto: vedere le cose con occhio nuovo, toccarle con uno spirito nuovo, amarle con un cuore nuovo. Teilhard de Chardin direbbe: abbracciarle con cuore casto. È allora che non occorre più fuggire, alienarsi, chiudersi tra sogno e realtà, spaccarsi tra ciò che penso e ciò che faccio, andare a pregare e poi distruggersi nell'azione, fare i pendolari tra Marta e Maria, restare perennemente nel caos, avere il cuore diviso, non sapere dove sbattere la testa. Sì, la realtà ci educa e come! La realtà è il vero veicolo sul quale Dio cammina verso di me. Nel reale trovo Dio molto più vitalmente che nei bei pensieri che di Lui o su di Lui mi posso fare.

(Carlo Carretto, Il deserto nella città)

 

Senti cos’è capitato a me in proposito. Quando partii per il deserto avevo veramente lasciato tutto com’è l’invito di Gesù: situazione, famiglia, denaro, casa. Tutto avevo lasciato meno... le mie idee che avevo su Dio e che tenevo ben strette riassunte in qualche grosso libro di teologia che avevo trascinato con me laggiù. E là sulla sabbia continuavo a leggerle, a rileggerle, come se Dio fosse contenuto in una idea e che avendo belle idee su di Lui potessi comunicare con Lui. Il mio maestro di noviziato mi continuava a dire: “Fratel Carlo, lascia stare quei libri.

Mettiti povero e nudo davanti all’Eucaristia. Svuotati, disintellettualizzati, cerca di amare... contempla...”. Ma io non capivo un bel nulla di ciò che volesse dirmi. Restavo ben ancorato alle mie idee. Per farmi capire, per aiutarmi nello svuotamento mi mandava a lavorare.

Mamma mia! Lavorare nell’oasi con un caldo infernale non è facile!

Mi sentivo distrutto. Quando tornavo in fraternità non ne potevo più.

Mi buttavo sulla stuoia nella cappella davanti al Sacramento con la schiena spezzata e la testa che mi faceva male. Le idee si volatilizzavano come uccelli fuggiti dalla gabbia aperta.

Non sapevo più come cominciare a pregare. Arido, vuoto, sfinito: dalla bocca mi usciva

solo qualche lamento.

L’unica cosa positiva che provavo e che cominciavo a capire era la solidarietà coi poveri, i

veri poveri. Mi sentivo con chi era alla catena di montaggio o schiacciato dal peso del giogo quotidiano. Pensavo alla preghiera di mia madre con cinque figli tra i piedi e ai contadini obbligati a lavorare dodici ore al giorno durante l’estate. Se per pregare era necessario un po’ di riposo, quei poveri non avrebbero mai potuto pregare. La preghiera, quindi, quella preghiera che avevo con abbondanza praticato fino ad allora era la preghiera dei ricchi, della gente comoda, ben pasciuta, che è padrona del suo tempo, che può disporre del suo orario.

Non capivo più niente, meglio incominciavo a capire le cose vere.

Piangevo! Le lacrime scendevano sulla “gandura” che copriva la mia fatica di povero. E fu proprio in quello stato di autentica povertà che io dovevo fare la scoperta più importante della mia vita di preghiera. Volete conoscerla? La preghiera passa nel cuore, non nella testa.

Sentii come se una vena si aprisse nel cuore e per la prima volta “esperimentai” una dimensione nuova dell’unione con Dio.

Che avventura straordinaria mi stava capitando. Non dimenticherò mai quell’istante.

Ero come un’oliva schiacciata dal torchio. Al di là della “sofferenza” che dolcezza indicibile mi inondava tutta la realtà in cui vivevo! La pace era totale. Il dolore accettato per amore era come una porta che mi aveva fatto transitare al di là delle cose. Ho intuito la stabilità di Dio. Ho sempre pensato, dopo di allora, che quella era la preghiera contemplativa. Il dono che Dio fa di sé a chi gli offre la vita come dice il Vangelo: “Chi perde la sua vita la troverà” (Matteo 10,39).

(Carlo Carretto, Il deserto nella città)

 

Anche noi, come Gesù durante la sua vita terrena, abbiamo bisogno di periodi di ritiro e di deserto, chè non devono sembrarci periodi sottratti agli uomini. Non è valida l'obiezione che gli altri non potrebbero concedersi tali ritiri e che quindi non possiamo separarci dai poveri e dai lavoratori ritirandoci, così, per periodi un po' lunghi, perché essa deriva da un ragionamento troppo materialistico. Gesù avrebbe dunque avuto torto nel dire ai suoi apostoli di abbandonare le loro reti, i loro parenti, i loro compagni di lavoro per condurre al suo seguito, e spesso nel deserto, una vita, tutto sommato, meno faticosa della pesca notturna sul lago? (…) I periodi di deserto sono essenziali per approfondire la nostra vita di preghiera. Deserto non è sinonimo di ritiro: non ogni luogo di ritiro è un deserto e ciò che normalmente si chiama esercizio di ritiro spirituale non è paragonabile a un periodo di deserto. Ogni luogo porta in sé un significato spirituale nella misura in cui, attraverso i nostri sensi, contribuisce a imprimere un segno sul nostro spirito. San Giovanni della Croce aveva capito l'importanza dei luoghi come mezzo per disporre alla contemplazione. Il deserto non è solamente un luogo solitario e silenzioso, come se ne possono trovare molti nel mondo e persino nel cuore delle nostre città. Il deserto è più di un luogo di ritiro, perché nella sua estensione e nel suo vuoto porta dei valori che gli sono propri. In quanto tale, il deserto non serve a nulla all'uomo e lo spazio occupato da queste solitudini aride sembra senza senso di fronte agli spazi più ristretti riservati alle regioni fertili e sovrappopolate. Come la preghiera di pura adorazione, di cui è l'immagine, il deserto non è apparentemente di alcuna utilità per l'uomo. Il deserto porta l'uomo al limite della sua debolezza e della sua impotenza e lo obbliga a cercare forza in Dio solo. Porta in sé il segno della povertà, dell'austerità, dell'estrema semplicità, della totale impotenza dell'uomo che scopre la sua debolezza, poiché l'uomo non è in grado di autosussistere di per se stesso di fronte al deserto. D'altronde, è Dio che conduce al deserto, poiché lo spirito non può rimanervi senza essere nutrito direttamente da Dio. È in questo, che un periodo di deserto differisce da un ritiro in cui è bene, al contrario, cercare tutti i mezzi esteriori possibili per rinnovare e raccogliere la fede: conferenze, partecipazione alla liturgia, preghiere in comune, colloqui con un direttore spirituale. Questi ritiri sono necessari e d'altronde possono richiedere, secondo la maturità spirituale di ciascuno, dei vari gradi di solitudine. Il deserto, al contrario, è un tentativo di avanzare nudi, deboli, privi di ogni appoggio umano, nel digiuno del cibo terrestre e anche spirituale, verso l'incontro con Dio. E non potremmo andare lontano, se Dio stesso non ci mandasse il suo cibo come ha fatto per Israele, per Elia, coricato e spossato sotto il ginepro. La nostra preghiera, anche quando è il risultato di una attività delle virtù teologali, comporta sempre una rispettosa- attesa del cibo divino. Il periodo di deserto è una prova, un test come un tentativo pieno di fiducia per sollecitare Dio a venire verso di noi, nella nostra impotenza, per condurci a lui. Ciò che, dunque, è essenziale, in un periodo di deserto, è lo spogliamento totale e l'attesa serena e silenziosa di Dio in una certa inattività delle nostre capacità … se lo Spirito Santo ci visita, ciò non accadrà se prima non ci saremo dimenticati di noi stessi. Per diventare un cammino verso Dio, il deserto deve essere accettato con spirito di assoluta povertà. Senza spogliamento e silenzio interiore, il deserto non sarebbe che un ostacolo alla preghiera. È anche nella nudità del deserto che cadranno le illusioni di tutto ciò che ingombra il nostro cuore. Non si può sopportare di camminare a lungo, soli nel deserto, se non si ha il cuore semplice e povero e se dalla vita ci si aspetta ancora qualcos'altro che Dio solo. È per questo che le tentazioni di renderci utili agli uomini, in modo diverso, dall'affermazione vitale della trascendenza divina o dell'amore divino, la tentazione di instaurare il regno di Dio con mezzi diversi da quelli usati da Gesù stesso, non saranno definitivamente vinte se non nel deserto, come fu per Gesù. L'esperienza ci porta a costatare che noi siamo molto più tentati nel deserto, e saremmo inclini a concludere che è meglio evitare di andarvi. No, non siamo più deboli nel deserto che altrove: siamo posti nella condizione di fare una scelta più assoluta e radicale, scelta le cui alternative, durante la nostra vita abituale, vengono sbiadite dalla molteplicità delle attività quotidiane e da innumerevoli compromessi più o meno coscienti. Il conforto di un incontro con Dio nella nudità del deserto ci apparirà, allora, come la sorgente e la garanzia della nostra fedeltà alle esigenze della contemplazione nel pieno ritmo della vita, di un rinnovamento nella nostra vocazione di permanenti in preghiera; essa si inserisce pure nella nostra vocazione di essere salvatori con Gesù mediante una preghiera di intercessione la cui intensità richiede, di per se stessa, l'assoluto del deserto.

(René Voillaume, Pregare per vivere, Cittadella Assisi)

 

Facci ascoltare ancora l’invito

‘Vieni con me nel deserto’

ti parlerò d’amore cuore a cuore.

Rendici ancora disponibili

a partire, a lasciare comodità e sicurezze

Aprici alle parole vere che chiamano

sorreggi i nostri piedi stanchi

smuovi i nostri cuori appesantiti e distratti

presi da tante cose

ma incapaci di entusiasmo

e di innamorarsi ancora.

Guidaci ad incontrare

le tracce segnate nei deserti

attraversati da chi cammina

verso la ricerca di pane e dignità

Accompagnaci a stare accanto

a chi attraversa deserti di solitudine,

di indifferenza e di ingiustizia.

Nel deserto, lontani da rumori vani

parla al nostro cuore

rendi le nostre orecchie aperte

ad accogliere il grido

di chi è dimenticato e lasciato ai margini

delle strade

donaci attenzione al grido della terra

desolata e devastata da un’economia

che tutto appiattisce al denaro da accumulare

sempre di più

e non guarda a chi non ha il necessario.

Nel deserto della vita

aprici a guardare le stelle

a scoprire la gratuità

ciò che è essenziale

facci inseguire ancora la tua Parola

che ci guida.